In una notte del giugno 2005 a Moncalvo, località monferrina a metà strada tra Asti e Casale, Bruno Pastore – che in paese tutti chiamano “il pittore”, ma nessuno sa se dipinga realmente o sia stato soprannominato così perché somiglia a qualche grande artista del passato – muore accoltellato bussando in cerca d’aiuto alla porta chiusa di una casa vuota in via Borganino.
Sulle mani e sui vestiti dell’uomo vengono effettivamente rinvenute tracce di colori e solventi, ma cosa dipingesse Pastore rimane un mistero. Anche l’arma del delitto, presumibilmente un grosso coltello da caccia o militare, non si trova.
Per Claudia Auria, giovane maresciallo dei carabinieri trasferita a Moncalvo da appena due settimane, coltello e vernice sono sin dall’inizio due parole chiave dell’indagine. A esse se ne aggiunge una terza, religione, quando viene ritrovato un raccoglitore contenente stampe di ex-voto, cioè dipinti offerti per grazia ricevuta, nei quali è raffigurata la Madonna di Crea, il santuario poco distante da Moncalvo.
Vernice, coltello e religione: l’omicidio di Bruno Pastore è molto di più che un regolamento di conti tra malavitosi di basso calibro, come era apparso all’inizio. Al contrario alza il velo su una storia di rabbia, odio e sete di vendetta che a Moncalvo si trascina da un quarto di secolo e di cui Pastore non sarà l’ultima vittima, né l’omicidio il crimine più inquietante.
Sullo sfondo, il tranquillo tran tran di Moncalvo, rotto dai festeggiamenti per tredicesimo anniversario della concessione alla località monferrina del titolo di città, e ficcato da un’afa insopportabile: davvero troppo caldo per essere giugno.