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La Divisione Pinerolo

in Grecia, dopo l’8 settembre 1943

Il magnifico libro di Babis Alexandrou ripercorre alcune delle pagine che, nel cuore del conflitto mondiale 1939-1945, hanno segnato i rapporti tra l’Italia e la Grecia. Narrando le drammatiche vicende della Divisione Pinerolo, l’Autore sottolinea le contraddizioni che albergavano nel cuore dei soldati italiani spediti al fronte e, come ricorderò citando il Generale De Gaulle, «poco convinti» di fronte alla brutale aggressione subita dal popolo ellenico per volere dell’Italia fascista e di Mussolini. Nello stesso tempo, Alexandrou restituisce al nostro Paese l’onore perduto dimostrando come, dopo l’8 settembre 1943, molti soldati della Pinerolo scelsero di combattere accanto ai partigiani greci.
Il suo racconto inizia con l’incontro alle tre del mattino del 28 ottobre 1940 tra l’ambasciatore italiano Emanuele Grazzi e il primo ministro Ioannis Me-taxas. Mussolini richiedeva il libero passaggio dell’esercito italiano attraverso il confine greco-albanese, per occupare alcune zone strategiche della Grecia allo scopo di contrastare le forze britanniche nel Mediterraneo. L’orgogliosa risposta di Metaxàs OXI, NO, ricordata da Malraux nel suo famoso discorso
Omaggio alla Grecia del 1958, è entrata nella storia e oramai, ogni 28 ottobre, la Grecia celebra fieramente la festa del NO.
Di fronte al rifiuto del Governo di Atene di consentire il transito delle truppe italiane sul suolo ellenico, scoppiò la guerra tra l’Italia e la Grecia.
Come ricorda Babis Alexandrou, per via della follia fascista, due Paesi che vivevano in armonia da millenni, le cui storie si erano costantemente e felicemente incrociate, erano costretti a condurre tra loro una lotta fratricida e senza quartiere.
Già alla fine del I millennio a.C. la simbiosi era forte tra Italia e Grecia.
Dopo la conquista di Corinto nel 146 a.C., la cultura greca si era imposta a Roma. Roma, diventata centro del potere e della ricchezza, accolse molto prima della battaglia di Azio (2 settembre del 31 a.C.) gli stimoli culturali che venivano dall’Oriente ellenistico. Il pensiero greco, accolto a Roma con diffidenza da chi voleva opporre all’intellettualismo ellenico il rigore agreste delle proprie origini latine (come Catone), si è ben presto imposto nei circoli che contavano dell’ intellighenzia dell’Urbe e, arricchito dalle peculiarità romane, si è diffuso fino ai margini dell’impero. Orazio (Epist. II, 1, 156) riporta la famosa frase «Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio» (La Grecia conquistata conquistò il suo feroce vincitore e portò le arti nel Lazio agreste).
L’ellenizzazione di Roma fu all’ordine del giorno e del resto il greco diventò la lingua usata quotidianamente dalle persone colte [come era il francese nell’Europa del Secolo dei Lumi]; Svetonio poi assicura che la famosa frase rivolta da Cesare a Bruto che lo uccideva non fu pronunciata in latino ma in greco: quindi Cesare non avrebbe mai detto Tu quoque, Brute, fili mi ma Kai où, térvov. L’arte greca che Roma conosceva soltanto attraverso l’Etruria e la Campania fu una vera e propria scoperta nel II secolo a.C., dopo la conquista delle città siciliane, le campagne d’Oriente e la riduzione della Grecia a Provincia romana nel 146 a.C. Allora, grazie anche alla ricchezza che investì Roma e alla scoperta del lusso da parte della élite romana, la Grecia, di cui solo la filosofia aveva fino ad allora influenzato le grandi famiglie patrizie, trasformò letteralmente lo stile di vita dei Romani.
Nel corso dei secoli, infinite sono poi state le testimonianze lasciate dai legami di amicizia tra Italia e Grecia. Alexandrou le ricorda, evocando in particolare la storia di Santorre Annibale Derossi, conte di Pomerolo e signore di Santarosa (1783-1825), patriota, militare e rivoluzionario, eroe del Risorgimento italiano e della guerra d’Indipendenza greca, che mori nella difesa di Sfacteria, isola antistante la baia di Navarino.
Come potevano i soldati italiani, provenienti dai villaggi e dalle campagne del Mezzogiorno così simili ai paesi e alle campagne greci, pronipoti e nipoti di quei coloni venuti dall’Ellade nel I millennio a.C. che avevano dato i loro titoli di nobiltà alla Magna Grecia e alla Sicilia, infierire contro un Paese e una popolazione tanto simili alla loro madrepatria? Solo l’aberrazione di un dittatore ignaro di ogni sentimento di civiltà poteva sognare di spezzare il legame millenario tra Italia e Grecia, ignorando che la cultura popolare dei due Paesi aveva coniato da sempre la famosa frase “una faccia, una razza”.
Per capire il dramma vissuto dai militari italiani di stanza in Grecia all’ indomani dell’armistizio siglato tra l’Italia e gli Alleati, occorre ricordare quanto successe ai vertici dello Stato italiano in quei giorni.
Siamo nel 1943. Mussolini è stato sconfessato dal Gran Consiglio del Fascismo il 24 e arrestato su ordine del re il 25 luglio. Lo stesso giorno Badoglio è stato nominato Primo Ministro.

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