Prologo
Diana ha terminato di leggere l’ultimo paragrafo del romanzo l’Isola di Arturo, della scrittrice Elsa Morante, che l’ha coinvolta per ore, giorni e notti seguendone le alterne vicende. Ormai è sera, a lei piacciono le ore che precedono la notte e nella penombra che avvolge la stanza si sente sola, la tristezza vela i suoi occhi verdi.
I pensieri si accavallano nella sua mente, Diana è grata alle pagine lette che le hanno procurato suggestioni mai provate e tanta malinconia. È assorta, davanti alla finestra spalancata guarda le luci all’interno delle case, le piace osservare la vita degli altri.
In cielo le stelle luccicano e recitano in silenzio il loro copione: illuminare i desideri e le illusioni di chi spera di vederle cadere e la luna fra gli alberi la osserva pensierosa. Affiorano emozioni e ferite dell’anima che arrivano da lontano, da molto lontano.
Scossa da singhiozzi che le comprimono il petto e la gola, il suo pensiero va al sud a come doveva essere povero prima e dopo la guerra. Si siede in poltrona e beve una tisana ormai fredda e l’accoglie un miagolio felice, il gatto siamese si accoccola sulle sue ginocchia e la guarda, sembra capire i suoi pensieri.
Elsa Morante, nel suo romanzo aveva scelto di scrivere una storia sull’Isola di Procida, per raccontare drammatici amori, attese e fughe in una natura selvaggia circondata dal mare. Con la sua fantasia Diana si immagina di vedere il giovane Arturo sugli scogli che aspetta la nave che porterà suo padre.
Un’idea prende forma nella sua mente e pensa a Cosima, l’amica con la quale ha spesso condiviso viaggi interessanti e che l’ha aiutata nei momenti di bisogno.
È tardi, ma decide lo stesso di telefonarle; risponde una voce assonnata: “Pronto?” “Ciao Cosima, scusami per l’ora tarda, che ne dici se dopo la Puglia, andassimo qualche giorno in Campania? Ti spiegherò tutto quando ci vedremo.” E dopo un attimo di silenzio arriva il sì dell’amica. “Grazie cara, a domani. Buonanotte.”
Il giorno seguente al risveglio, Diana è sempre più decisa ad andare in Campania, non capisce cosa la spinga, ma sa che deve farlo. È felice e, mentre accarezza il suo gatto canticchia: “O sole mio”.
Le canzoni napoletane le hanno dato sempre sensazioni di allegria e di malinconia.
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