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9 novembre 1994 – Voci nella pioggia

L’onda

Nella mia mente ripercorro l’insieme di quel giorno, affiorano lo stupore, il disorientamento, la paura, l’impotenza. La sensazione più viva l’ho avuta quando è arrivata l’onda. Non credevo che l’acqua potesse arrivare a casa mia, c’era la ferrovia in mezzo ed ero troppo lontano dal fiume.

Avevo il bambino piccolo e dopo aver sentito mia sorella che mi chiedeva di allontanarmi da casa si erano interrotti i collegamenti telefonici. Decisi di preparare tutto per andarmene, scesi in garage e uscii con la macchina. In quel momento il mi sguardo si allargò verso il campo di fronte e ricordo prima di tutto il rumore sembrava un’onda del mare che si prepara ad infrangersi e poi l’acqua tanta acqua.

Portai la macchina davanti alla porta di casa mentre l’acqua arrivava e riempiva i garage. Entrai in casa e non potei più muovermi. Rimasi lì, senza luce, acqua, notizie.

Mi portarono via con il mio bambino di tre mesi nella notte.

Dovevo fare la guardia alla mia casa

Stavo cucinando i sanguinacci. Mio marito, rientrando in casa dalla Boccia che si trovava in riva al Tanaro, mi dice: “C’è l’acqua vicino al campo da pallone”. Mi sono messa un paio di scarpe e così com’ero in tuta sono scesa per andare a vedere. All’angolo di via Donizetti, vedo l’acqua che sale dalla strada e penso: “Oh Madonna! Che succede!” Siamo tornati a casa e poco dopo l’acqua era già in via Girgenti. Erano le 12,30. Ho chiamato al telefono un’amica, che abitava in via Gallimberti, per avvisarla. E mi ha risposto: “Ma cosa dici, ma figurati…” L’acqua in strada saliva velocemente. Abbiamo cercato di sposare le macchine in una zona sicura, verso il parcheggio dell’ospedale.

Ho messo in salvo le mie figlie, mandandole da una zia. Ma io sono rimasta, non volevo lasciare la mia casa. Dovevo fare la guardia alla mia casa. Per nulla al mondo sarei andata via. Sono anche riuscita a portare su dalla cantina, con grande sforzo, due bauli con la mia biancheria.

Gli inquilini dei piani sottostanti sono saliti in casa nostra eravamo senz’acqua, senza telefono, senza luce. Avevamo solo il gas. Siamo rimasti a guardare fuori dalla finestra, l’acqua che saliva. Ho visto passare macchina, sedie, cassonetti della spazzatura. Sentivamo le porte delle cantine scoppiare, le tramezze crollare con tonfi tremendi. È stato terribile!

Il mio cane Chips

Mi trovavo all’edicola in via Venezia. Verso le 13 ho ricevuto la telefonata di mio nipote che mi dice: “Zio, è andato tutto a “bagno”… non vai più a casa!” Allora abitavo agli Orti, in via Sacchi. Sono uscito subito per andare a vedere. Vivevo da solo, ma in casa c’era il mio cane lupo Chips. Volevo raggiungerlo, metterlo in salvo. All’incrocio tra via Mazzini e via Venezia la strada era già allagata. Non si poteva passare. Sono riuscito ad entrare di nuovo in casa dopo due giorni. Ho perso tutto ma Chips si è salvato scappando sul tetto.

Ma quanti saranno questi tifosi del Bologna?

Mi avvicino allo stadio, mi aspetta un pomeriggio di lavoro, al “Moccagatta” arriva il Bologna. Negli occhi le immagini rimbalzate da “Linea Verde”, il Tanaro che ha già cancellato paesi e campagne dell’Astigiano. E la domanda, insistente: cosa accadrà in Alessandria? In città tutte e forze dell’ordine sembrano impegnate a contenere e gestire l’arrivo dei tifosi bolognesi. “Di qui non si passa, sa, i tifoso…” Mi risponde un vigile quando, in auto, mi blocco allo sbarramento all’inizio di Spalto Marengo. Provo un percorso alternativo, ma l’esito è lo stesso e la giustificazione anche. “Ma quanti saranno questi tifosi del Bologna? Mille, Duemila?” Me lo domando e, intanto, raggiungo piazza Gambarina. “Parcheggiamo qui e andiamo a piedi” Il suggerimento di mio padre. vedo un gruppo di persone che parla con i vigili. “Non sarà che anche qui è tutto bloccato per i tifosi?” Neanche il tempo di provare a darmi una risposta: l’acqua ha già raggiunto la piazza, livello ancora basso, ma in via Mazzini la situazione è ben peggiore. Risalgo in auto, in fretta, confesso con un po’ di paura. E mentre papà mette in moto e imbocca via Venezia, l’ultima immagine è quella di un contenitore per il vetro trascinato dalla corrente su Spalto Rovereto che non è più uno spalto. Mentre nell’altra parte della città c’è chi si sta preparando per andare “Mocca”: perché la partita non è stata sospesa…

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