C’era una volta, in cima ad una collina, un paese chiamato Auimbauè. Era un posto strano, dove viveva la Maga Nu, capace di fare magie incredibili e soprattutto di trasformare a piacimento una persona in un animale, quello che gli garbava.
Si trattava della sua specialità.
E le richieste erano spesso bizzarre.
-Maga Nu, fammi diventare un airone, che io possa volare nel cielo! Maga Nu voglio correre veloce come un ghepardo! Maga Nu, voglio essere forte come un elefante!
Lei pronunciava la formula magica e quelli, in una nuvola di fumo, si mutavano nell’animale voluto e cominciavano a gironzolare in paese tutti contenti.
Gli abitanti di Auimbauè non si stupivano ormai più, di veder saltare camosci, ruggire leoni, galoppare bisonti o di conversare amabilmente con un coccodrillo, che fino a qualche tempo prime era il signor Rossi o andare in groppa a docili ippopotami, che tempo addietro erano fornai o postini o fruttivendoli al mercato.
Per questo dicevo che Auimbauè era un posto strano.
E ancor più lo era da quando la Maga Nu, che stava invecchiando, cominciò a scordare sempre più frequentemente la formula per riportare le persone nelle loro sembianze originali.
Se non la pronunciava tutta giusta, non funzionava e al terzo tentativo fallito, chi era diventato animale rimaneva animale e non si contavano più in paese, i poverini costretti a vivere come tigri o pappagalli o aquile o lupacchiotti per tutta la vita!
Infatti, negli ultimi tempi, la clientela della vecchia maga diminuiva a vista d’occhio e la gente l’aveva soprannominata Maga “Nun Me Ricordo Qiù”.
Nessuno si fidava a regalarsi il ghiribizzo di passare la domenica volando sulla collina con le ali di un gabbiano (uno degli animali più richiesti…), temendo che la sera, non sarebbe potuto rientrare nella propria casa, abbracciare i propri cari, ma avrebbe dovuto cercarsi un nido, fare amicizia con gli altri uccelli, mangiare porcherie, scacazzare sulla testa delle persone, rischiare di essere mangiato da qualche predatore o impallinato da un cacciatore.
Insomma, la memoria della Maga Nu vacillava e i guai aumentavano.
Proprio in quel periodo, capitò un fatto straordinario.
C’era un bambino di otto anni, Samuele detto Sam, che se ne andava a spasso tutti i giorni per le strette vie di Auimbauè, su e giù per la collina, guidando la sua sedia motorizzata con la forza del pensiero.
Sam era un bimbo come te, aveva anche lui la SMA.
Non poteva muovere le gambe, nemmeno le braccia e gli riusciva difficile stringere le manine o pigiare un pulsante. Così i suoi genitori, che gli volevano un bene dell’anima, gli comprarono una carrozzina elettrica che si poteva guidare semplicemente… pensando.
Una volta che Sam era sistemato sopra e aveva indossato il caschetto obbligatorio, bastava che la mamma gli collegasse un filo tra un orecchio e il motore e se lui pensava “avanti piano”, quella si avviava, quando pensava “fermati” si fermava e così via.
Sam aveva imparato a guidarla in fretta, anche se all’inizio ci furono alcuni incidenti.
Siccome Sam era un bambino molto intelligente e gli piacevano molto le gare di Formula 1, non appena ebbe preso confidenza con la sua sedia motorizzata, un giorno pensò: “Va forte come la Ferrari di Alonso!” e la carrozzina partì a tutta birra, giù per le strade e piazze, sorpassando le auto, scavalcando aiuole, rimbalzando contro muri e cancellate, fino a schiantarsi dentro una grossa siepe di forsizia, che per fortuna attutì un po’ la botta.
Sam ne uscì con qualche bollo e tante scorticature. La mamma e il papà minacciarono di non fargli più usare la sua macchinina, ma lui riuscì a farsi perdonare con un sorriso, promettendo che non avrebbe più fatto imprudenze.
Da quel giorno la sua carrozzina diventò semplicemente Crash.
Però, nonostante la libertà che gli regalava la sua sedia motorizzata, Sam desiderava tanto poter correre come tutti gli altri bambini.
Avrebbe voluto segnare un bel gol o nuotare nel mare. Ma non poteva.
Le sue fantasie erano le fantasie di tutti, lui era un bambino come gli altri e alle volte i sogni e le speranze di guarire sembravano allontanarsi, quando una visita all’ospedale non dava i risultati sperati, quando una ricerca dei dottori non progrediva, quando il passare del tempo sembrava portargli via una soluzione, vera e definitiva al suo problema.
Sam aveva un viso dolce e bellissimo. Tutti in paese lo conoscevano, lo salutavano, gli volevano bene.
Così, girovagando nelle vie del paese, ascoltando discorsi qua e là, incontrando bestie feroci, ma innocue (un giorno si trovò faccia a faccia con un leone in un vicoletto e il cuore gli arrivò fino in gola), Sam venne a sapere la storia della Maga Nu e il posto dove abitava.
Avrebbe voluto chiedere il permesso a mamma e papà. Chiedere il permesso per andarla a trovare, per domandarle se gli era possibile diventare un animale capace di volare, saltare, correre, arrampicarsi, rotolare, tuffarsi, ballare e far le capriole.
Avrebbe voluto dirlo a mamma e papà, che sarebbe andato a trovare la Maga Nu, che voleva essere diverso un’ora sola: togliersi tutti gli sfizi e poi ritornare ad essere il solito Sam, con la sua sedia motorizzata, il suo filo collegato al motore, il suo corpo inerte, il suo sorriso contagioso.
Ma non poteva! Non ci riusciva! Lui comunicava con gli occhi, dalla sua bocca non uscivano parole comprensibili e questo lo angustiava: aveva così tante cose da dire!
Se la maga lo avesse trasformato e se fosse riuscito a dire alla sua mamma quanto le voleva bene, al suo papà quanto voleva essere come lui, ai suoi tanti amici, quanto era riconoscente per la compagnia che gli facevano, ecco, allora sarebbe stato veramente felice!
Lui non voleva combinare un guaio così grosso, Hai Capito?
Così un giorno partì, per il suo solito giretto pomeridiano. Salutò la mamma, che gli ricordò:
-Ti voglio a casa per merenda! Ti ho messo il cappellino bianco sotto il caschetto, oggi fa caldo!
Si era d’estate e da giorni il sole inondava la collina di Auimbauè e le piante ripiegavano le foglie, gli animali se ne stavano all’ombra o nelle loro tane al fresco e nelle strade, di pomeriggio si vedeva passare poca gente accaldata.
Il bimbo Sam ordinò a Crash di avviarsi e la diresse lungo il viale dei platani vecchi, fino alla discesa con l’acciottolato, che lo faceva sobbalzare come un pop corn e poi verso l’estremità del paese, in direzione di una casetta isolata, con un magnifico eucalipto troneggiante nel giardino, dove viveva la Maga Nu.
Qui comincia davvero la storia di Sam. Hai sonno? Vuoi che torni domani? La vuoi sentire tutta? Ok Christian, tornerò domani sera : ma mi raccomando! Che resti un segreto tra me e te! Non raccontarlo né a mamma, né a papà, né a Dadà o alla tua amichetta Vesuvietta… a nessuno capito?
Tu aspettami. Ogni sera, quando tua mamma ti bacerà sulla fronte, credendoti addormentato, io arriverò e te la racconterò. Tutta. Fino in fondo.