Prologo – L’inondazione
Hibiam si svegliò di soprassalto. Aprì gli occhi, ma dovette attendere qualche secondo affinché la vista si adattasse all’oscurità che lo circondava. Si affidò all’olfatto e captò l’odore caldo e rassicurante di suo fratello, che gli dormiva accanto. L’aroma di sua madre era presente ma meno forte, perché lei non era nella tana.
All’apparenza era tutto normale, ma Hibiam provava una strana sensazione, come se stesse incombendo su di lui una calamità.
Si stiracchio sbadigliando e uscì nell’aria fresca della notte estiva. Il cielo era nuvoloso e l’etere pregno dell’odore della pioggia imminente. La foresta taceva, e l’unico suono udibile era il soffio sottile del vento del nord che spirava fra gli abeti.
Fuori dalla tana Hibiam captò la pista lasciata dalla madre. Puntava verso il folto della vegetazione.
Il giovane lupo scelse un’altra strada e risalì l’argine naturale che costeggiava il torrente. Le sue zampe ticchettarono sui ciottoli levigati dall’azione millenaria dell’acqua.
Bevve un poco e si guardò intorno. Quella fastidiosa sensazione di pericolo non se n’era andata. Il suo istinto lo stava mettendo in guardia da qualcosa.
Alzò il muso e fiutò. Nessun olezzo anomalo, nessun altro predatore nelle vicinanze. Solo l’odore denso e umido dell’acqua.
Si voltò e fece per ridiscendere l’argine, quando un suono lontano attirò la sua attenzione. Era un rombo sordo e minaccioso. Il temporale era prossimo e Hibiam pensò che si trattasse di un tuono.
Tornò alla tana e guardò suo fratello che dormiva. Daskir aveva un anno, come lui, ed era un ottimo cacciatore. Se vi fosse stato davvero un pericolo si sarebbe di certo svegliato.
Questo pensiero tranquillizzò Hibiam, che tuttavia non aveva più sonno. Girovagò ai piedi dell’argine naturale, fermandosi di tanto in tanto a valutare tutti gli aromi che il vento del nord trasportava con sé.
All’improvviso il sentore del pericolo tornò a farsi insistente e crebbe fino a diventare intollerabile. Solo in quel momento Hibiam notò che il silenzio della foresta era eccessivo. Il frinire dei grilli, di solito tanto fastidioso, era scomparso. Non si udiva nemmeno il tipico martellio dei picchi rossi.
Spaventato, il giovane lupo fece dietrofront e risalì correndo la riva del torrente. Da quella posizione sopraelevata puntò lo sguardo verso nord.
Un altro rombo, stavolta molto più vicino, gli fece rizzare il pelo. Fu allora che Hibiam la vide.
Una massa d’acqua scura stava scendendo dalle montagne, travolgendo ogni cosa che osava ostacolare il suo cammino. Era un’onda altissima e potente, alla quale nulla poteva sfuggire. Un uccello solitario si levò in volo prima che l’albero sul quale era posato venisse travolto e sradicato dalla furia del torrente in piena.
Hibiam era terrorizzato al punto da non riuscire più a muoversi. Rimase lì sull’argine, vulnerabile come un cucciolo, mentre l’acqua scrosciante si avvicinava a velocità tremenda.
Un movimento attirò la sua attenzione. Daskir uscì dalla tana e lo guardò. I loro occhi ambrati si incrociarono per un attimo che parve interminabile. Hibiam avrebbe voluto abbaiare un avvertimento al fratello, dirgli di fuggire nella foresta, su per le colline, di mettersi in salvo. Il terrore che lo teneva inchiodato alla sponda sassosa, tuttavia, era troppo forte.
Daskir riuscì appena a voltarsi verso le montagne. Poi l’onda lo investì, inghiottendolo.
La forza delle acque era tale che solamente gli alberi più antichi e possenti riuscivano a resistere all’impatto. La natura aveva deciso di dare agli abitanti della foresta una prova inconfutabile del suo potere.
L’istinto di sopravvivenza costrinse HIbiam a muoversi. Si lanciò in una corsa disperata verso la foresta, ma non fu abbastanza rapido. La piena lo travolse.
Il giovane lupo roteò più volte sott’acqua, sospinto dalle correnti turbinanti. Perse l’orientamento e inghiottì una boccata d’acqua melmosa. Mosse convulsamente le zampe nel disperato tentativo di ritornare a galla, ma i suoi occhi non riuscivano a distinguere nulla in quell’oscurità abissale.
L’onda parve irriderlo mentre lo trascinava a valle.
Ancora una volta fu l’istinto a salvarlo. Nuotò con tutte le forze di cui disponeva, senza pensare ad altro che non fosse una boccata d’aria fresca. Riuscì a riemergere e inspirò. I polmoni si riempirono, aiutandolo a galleggiare.
Nel buio della notte Hibiam vide un grosso tronco sradicato che galleggiava fra i flutti a pochi metri da lui. Si lanciò in questa direzione, ma un mulinello lo risucchiò, spingendolo nuovamente sott’acqua. Qualcosa lo colpì al fianco, lacerandogli la pelle. Il giovane lupo era tanto spaventato che quasi non si accorse del dolore provocato dall’impatto.
Compiendo uno sforzo immane tornò a galla. Capì che era inutile lottare contro la forza preponderante del torrente e cercò di assecondare le correnti.